Il mio viaggio in Giappone, il paese della gentilezza

28 Apr 2018 | viaggi che faccio

Sono tornata da una settimana e sono in preda a una nostalgia tremenda: del Giappone mi manca l’ordine, i gusti, i suoni, la musica ovunque e il silenzio nelle strade, le persone, i bambini in divisa, i treni, i bento, le luci. Era il mio primo viaggio oltreoceano, il mio primo viaggio in Asia. Forse ho iniziato dal paese asiatico più facile per certi punti di vista, dall’altro ho capito che il Giappone ha molto di asiatico ma ha delle peculiarità solo sue, che lo rendono un continente, quasi un mondo, a sè.

Da Blade Runner a 7 anni in Tibet

Arrivi a Tokyo e sei dentro a Blade Runner. È la cosa più simile che potrai mai vedere alle atmosfere del film, a quei palazzi pieni di insegne, luci e ologrammi. Ma la seconda cosa che pensi quando sei a Tokyo è… “c’è silenzio!”. Perché nella megalopoli giapponese con 13 milioni di abitanti, in strada c’è silenzio. Una tranquillità incredibile: saranno le auto elettriche, le risate sommesse, l’uso ridottissimo del clacson, ma a Tokyo c’è pace.

Dietro ai grattacieli, alle stazioni grandi come città e ai centri commerciali di 40 piani ecco un’altra sorpresa: il Giappone è un paese di case basse. Di locali piccoli e bassini, di casette al massimo a due piani, di mini appartamenti che non vanno più in là del terzo piano. Tanti piccoli paeselli messi insieme un po’ alla rinfusa, con una sfilza infinita di templi, di buddha, di statue che raffigurano spiriti misteriosi, di scarpe abbandonate fuori dalle porte. Ed è magico.

HONNE & TATEMAE

La gentilezza dei giapponesi mi ha stupita. Sono gentilissimi. Ma tanto! Non solo nei negozi in cui tu sei cliente: lo sono nei mezzi,  per strada, al ristorante. Mi hanno fatto assaggiare i loro piatti, mi hanno regalato qualunque cosa.  E io, che esco da un bar augurando buon lavoro e qui in Italia spesso nemmeno mi salutano, sono molto sensibile alla gentilezza.

Premesso che io non sono un’esperta di cultura giapponese, e che è una delle società più complesse da capire, ho cercato di andare un po’ a fondo della questione. Ovviamente se entri in un negozio le persone hanno il “dovere” di essere gentili. Che non significa che sia finto: stanno lavorando, tu entri nel loro negozio, si inchinano e ti sorridono. Nei nostri negozi spesso non succede più nemmeno questo, eppure è normale cortesia. In Giappone la normale cortesia è molto sentita: ho visto un commesso salutare i clienti uno per uno mentre passava tra le scansie per sistemare delle t-shirt. E il suo atteggiamento non era finto, e per questo ti fa sentire bene.

Per i Giapponesi il rispetto dell’altro e delle regole della comunità di cui si fa parte è sacro. Motivo per cui tendono ad essere gentili oltre misura, sia con gli stranieri che tra giapponesi.

In giapponese Honne sono i sentimenti veritieri che una persona prova, Tatemae è la facciata. Da turista che non parla giapponese difficilmente capirai mai se la gentilezza che ti stanno mostrando sia Honne o Tatemae, ma sinceramente non mi importa. I loro modi accorti, la cura che ci mettono nel fare le cose, la gentilezza con cui cercano di darti una mano di fronte a una mappa scritta solo in kanji ti fanno sentire accolto. E io, che mi aspettavo un paese distaccato e un po’ rigoroso, me ne sono innamorata.

SPIRITUALITÀ

Dopo aver visto tantissimi templi ho voglia di capire meglio il buddhismo e lo shintoismo, di cui sono sinceramnete un po’ ignorante, e come hanno influenzato i giapponesi. Il cristianesimo è stato illegale per anni, e non so se sia per quello che hanno i bagni all gender, ma facciamo che  è perché sono avanti. La spiritualità giapponese è fatta di un’infinità di gesti, molti solitari e altri collettivi. Si purificano prima di avvicinarsi al tempio, gettano una moneta in una cassa, suonano un gong o battono le mani per richiamare l’attenzione degli spiriti, fanno una serie di inchini più o meno profondi a seconda del tempio… ho avuto la fortuna di assistere a una processione che culminava con il buttare tantissimi pesci rossi in un laghetto a Nara. Come tutti i riti e le religioni, è complesso da capire e chiede rispetto.

Nei templi ci sono i cartelli che ti insegnano come pregare, ma io sinceramente mi sono sì purificata per rispetto più di una volta prima di avvicinarmi al tempio ma niente di più.

Rispetto, appunto, di un luogo sacro. Che a qualche turista purtroppo un po’ è sfuggiro. Il top l’ha raggiunto un’italiana che abbiamo incrociato più volte in alcuni dei luoghi spirituali più importanti: sapevo che c’era prima di vederla perché urlava sgridando qualcuno, dicendogli di muoversi. Pensavo fosse suo figlio. Invece era il fidanzato, che si attardava perché faceva delle dirette facebook dal Fushimi Inari. Avevano una guida giapponese che parlava italiano e che non ascoltavano. Ognuno viaggia a suo modo, però guardandoli non ho fatto altro che pensare che no, questo non era lo spirito per un viaggio in Giappone, e forse nemmeno per una domenica in una qualsiasi città. Avrai migliaia di foto e di video, ma non avrai capito nulla di quello che hai visto, ed è un vero peccato.

MIMETIZZARSI

È un po’ stupido ma a me in viaggio piace mimetizzarmi. Non giro per Berlino vestita da trekking, o per Dublino con la mantella antipioggia. Perché mi piace cercare il più possibile di fingermi una di lì. E se un po’ con la lingua te la cavi, è anche più facile.

In Giappone mimetizzarsi è impossibile, fai luce. Anche se oggi ci sono turisti ovunque, mentre fino a 10 anni fa vedere un occidentale era raro, basta comunque un veloce sguardo ai tuoi occhi tondi per identificarti. E con mia grande sorpresa è stato bello! Perché mi è capitato spessissimo che volessero parlarmi per questo. Perché se vedono che proprio tu ci provi a parlare giapponese, che li ringrazi nella loro lingua, si illuminano!

SGUARDI SPARSI SUL GIAPPONE

I giapponesi fanno la fila educatamente. Indiana, no a imbuto/a gregge/a caso! Ovunque. E fanno scendere le persone dai treni prima di salire. Vi giuro, la commozione.

Sono lentissimi. Anche in piena ora di punta, nelle pasticcerie a portar via delle stazioni, nella strada per il lavoro. Frenesia non pervenuta.

In Giappone ti senti sicurissimo: non succede mai nulla, tanto che i poliziotti non sono armati e il turista è sacro. Sì, la sera sono tutti un po’ ubriachi, e hanno un problema di molestie alle donne sui mezzi pubblici, per cui alcuni vagoni sono riservati esclusivamente a loro, soprattutto la sera. Ma a Kyoto ho visto persone lasciare lo zaino in stazione appeso ad un gancio e tornare a riprenderlo più tardi.

I bambini in divisa ti fanno venire voglia di adottare tutti i giapponesi sotto agli 8 anni. Sono meravigliosi.

È l’unico posto al mondo dove puoi sederti nei bagni pubblici. Lo so che è poco romantico, ma ragazzi, è tutto pulitissimo. Incredibile.

A Tokyo sono tutti in completo, tutti vestiti di nero con qualche rarissimo tocco di blu. Donne in tailleur, trench beige ovunque. Hanno tutti la borsa, che da noi verrebbe venduta come “da donna”. Ho visto pochissimi pelati, pochissimi baffi e barbe. Ah, adorano la barba degli occidentali. (Poi  il mio ragazzo è stato fermato da un signore che voleva toccargliela – non abbiamo ben capito perché e cosa stesse succedendo però.) A Kyoto inizi a vedere il colore, e anche negli attraversamenti stradali sono “più sportivi”. Osaka è una sagra.

E no, Il Giappone non è caro.

MA COME SI MANGIA?

Benissimo! E il sushi alla fine è solo un piatto, c’è un mondo, UN MONDO di cose da assaggiare! Avrei voluto mangiare 24/24 sette giorni su sette! Andateci, assaggiate, provate tutto, anche le cose che a prima vista sembrano strane! Poi dai, io ho mangiato un pesce intero cotto alla brace infilato in uno spiedino, potete farcela!

Se siete vegetariani attenzione, non è facilissimo però.

Menzione d’onore alla marmellata di fagioli rossi, Anko (che a nominarla qua ti aspetti una schifezza e invece a me è piaicuta tantissimo) ai melon pan ripieni di crema al melone (DROGA!), al gelato al sesamo nero e agli Okonomyaki.

COSA TI È PIACIUTO DI PIÙ?

È strano ma non so rispondere, se non: il Giappone. Perché per me non c’è un monumento singolo che ti ruba il cuore, non c’è un luogo preciso, una via, un templio… è l’insieme. È l’ora di punta a Tokyo nella  stazione Shinjuku, la più frequentata al mondo, dove davanti alla fiumana di persone non sai se ridere o metterti a piangere in un angolino dicendo “andate, lasciatemi qui”. È la cena in un ristorante di ramen dove sei l’unica donna e ci sono solo impiegati, e ti viene da ridere per il rumore che fanno mentre “aspirano” gli spaghetti (al prossimo giro imparo eh, mi faccio insegnare! Perché non è per niente facile!). Sono i parchi perfetti, gli anziani ingobbiti, i pochissimi ragazzi con i capelli non scuri, il silenzio mattutino in metropolitana e le risate sguaiate della sera, le sale giochi, gli abiti tradizionali, i grattacieli con tutte quelle insegne che sarebbe bello capire e scoprire che ristorante c’è al ventitreesimo piano. Le persone.

È così diverso che non hai bisogno di qualche giorno per capire che sei in vacanza. Il Giappone ti fa stare bene, da subito.

p.s Arriveranno altri post ma se sei in partenza e vuoi suggerimenti più organizzativi, sono qua! 🙂