Tutte le strade portano al Freelancecamp

27 Set 2017 | comunicazione e marketing, cose che imparo

Sono stata al mio secondo Freelancecamp e, anche se sono una novellina rispetto ad altri freelancecampisti, anche in questa sesta edizione mi sono sentita un po’ a casa.  L’anno scorso mi sono seduta con tante aspettative e ansiosa di imparare da chi condivideva saperi, problemi, crisi d’identità e consigli. Quest’anno idem, ma mi sono seduta stando un po’ sulle spine, con le punte dei piedi fisse a terra e i talloni in su.

Perché da un lato dovevo parlare davanti a 220 persone che stimo e che per me sono dei guru, e il senso di inadeguatezza era lì come la nuvola di Fantozzi, dall’altro perché ho capito che le strade per arrivare lì, al Freelance Camp, sono tante e tutte diverse, e ognuno trova la sua. E la mia è lì a mezz’aria, come i miei piedi.

Non c’è un solo modo di essere freelance (e sono rimasta piacevolmente stupita che la stessa sensazione l’abbia avuta anche Mariachiara, quindi non sono io scema!): c’è chi, come me, è un po’ Dottor Jekyll e Mister Hyde e cerca di coniugare le due cose, c’è chi vive un amore un po’ combattuto e “un anno è freelance e l’anno dopo lavora in azienda e poi torna di nuovo freelance che in azienda non ne potevo più ma”, c’è chi freelance non lo è ma sa dispensare suggerimenti utilissimi. E chi subisce il fascino dei benefit e dei budget dell’azienda, “boccione dell’acqua” incluso.

Ci sono tempi diversi per ognuno, perché il salto è grande ma se non parti convinto dall’altra parte non ci arrivi mica.

E mentre prendi la rincorsa è fondamentale ascoltare chi quel salto l’ha fatto. Come ha detto il mio speaker preferito di sempre, Enrico Marchetto, serve fare spazio a chi è più bravo di te. Online – su facebook – ma anche offline. Ascoltarli, imparare, farsi ispirare. Mettere da parte l’ego e dare agli altri cose utili, non cose che piacciono a noi e basta: un ragionamento che Giorgio Minguzzi ha applicato al podcast, uno dei miei grandi amori.

Serve anche essere consapevoli dei propri limiti, prima che sia troppo tardi. I primi giorni di vacanza in Puglia ho fatto un mezzo attacco di panico ogni giorno, e mentre Emanuele Tamponi parlava di burnout io ci vedevo la mia faccia accanto alla sua in quelle slide.

E quindi serve saper dire di no: ho apprezzato Marinella dalla Colletta perché l’assertività spesso è davvero una sconosciuta.

Serve metterci la faccia in quello che si fa, e metterla in modo efficace, senza dubbi: ho amato lo speech di Tatiana Cazzaro che trasformava le sue parole in azioni sotto ai nostri occhi parlando di Public Speaking. Perché ogni giorno, che tu debba parlare a un cliente o a un collega, parli in pubblico.

E POI MI HANNO CHIESTO: COM’È ANDATA AL FREELANCECAMP?

È stato stupendo.

Sono grata a tutti quelli che mi hanno ascoltata, davvero, mentre parlavo perché vedere facce che conosco e stimo applaudire e annuire accanto a perfetti sconosciuti che prendevano appunti e ridevano è stata una cosa indescrivibile e bellissima. Mi sono sempre messa da parte intervistando gli altri, nascondendomi un po’ dietro al fatto che erano loro i protagonisti. Ma domenica ero solo io, e ho avuto un po’ di sana paura. Grazie ad Alessandra, Gianluca e Miriam per avermi permesso di mettermi alla prova.

Poi ho degli amici splendidi che erano lì (ma anche che mi scrivevano da casa), e che senza non so come avrei fatto: voi sapete chi siete e sono onorata di avervi attorno. E ho conosciuto persone che mi sono entrate nel cuore in pochi minuti e che spero di conoscere sempre meglio. E poi ho sorriso e riso tanto, come testimoniano le foto.

Perché il FreelanceCamp è un posto bellissimo, e non (solo) perché c’è il mare fuori: perché c’è tanta professionalità dentro, voglia di mettersi in gioco, c’è coraggio, ci sono persone che si vede che sono in gamba anche mentre hanno un mojito in mano o mangiano la super frittura di pesce del Boca Barranca. Lo vedrai anche guardando le foto secondo me.

Te lo sei perso? Recupera tutti gli speech nel sito del FreelanceCamp: qui quelli di sabato e qui quelli di domenica. Il mio, se vuoi vederlo, è qui: ho raccontato come si può riuscire a delegare una parte del proprio lavoro.

Le foto dell’articolo sono del FreelanceCamp e di Damiano Tescaro.

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