Saudade: cosa resta di un viaggio in Portogallo

23 Set 2015 | viaggi che faccio

Ho un problema con i ritorni. Quando i viaggi finiscono mi vengono sempre gli occhi lucidi, in alcuni casi ci ho fatto proprio dei bei pianti. Mi prende una tristezza tremenda e se potessi non salire sull’aereo lo farei. Quindi, alla fine, la saudade ce l’ho da sempre.

Ma poi sono stata in Portogallo, e ho capito qual è la vera saudade. Vedi Lisbona e poi preghi di perdere la carta d’identità.

Perché il Portogallo per me non è solo un paese bellissimo, non è solo Sintra e i suoi colori, il tramonto sull’Oceano, i giapponesi che si fotografano a Cabo da Roca, felici di essere dall’altra parte del mondo. Non è solo una ginjinha sorseggiata a Rossio, un bicchiere di Porto Tawny immersi in un giardino all’inglese, un pao de deus caldo…

Per esempio i Portoghesi sono nordici: nella mia ingenuità me li immaginavo un po’ spagnoli, e un po’ come noi ecco. E invece…scopro un popolo che parla sottovoce, soprattutto nei mezzi e nei luoghi pubblici. Che si ferma alle strisce pedonali. E che aspetta il tram in fila indiana! Sono stata gentilmente ripresa in un negozio perché aspettavo il mio turno alla cassa, dietro all’unica persona in fila, a sinistra e non a destra.

Hanno una gentilezza…portoghese. I primi giorni riuscire a farsi salutare in un bar era la mia sfida personale. Poi ho capito: sono persone “asciutte” ma sincere. Niente melensaggini, niente sorrisi finti. Fanno il loro, bene e senza moine, punto. E io, che auguro buon lavoro quando esco da un negozio, ero un po’ spaesata ma alla fine mi hanno conquistata. O io ho conquistato loro per sfinimento.

Il portoghese è una lingua fantastica, ma con suoni così duri che ti chiedi come il fado possa essere così dolce. Ma poi, si può non amare una lingua con cui per ringraziare dici Obrigada? (E poi tutti tentano di parlarti in italiano, di capirti, di aiutarti e apprezzano, anche se a modo loro, che tu ci provi.)

Vogliamo parlare di cibo? Ecco, diciamo che non è un #viaggioveg o almeno, l’è dura! Ma nemmeno se dovete tenere sotto controllo la glicemia ve lo consiglio… A Porto il piatto tipico è un panino con dentro quattro (quattro) tipi di carne diversa, delle belle fette di formaggio sopra e un uovo a sigillare le vostre coronarie. Abbiamo decretato che una roba così unta può essere frutto solo della mente di un uomo single che deve sopravvivere… Però poi a Lisbona mangi da Os Tibetanos, un ristorante vegetariano in una scuola di yoga, seduti un giardino d’inverno dove proiettano immagini del Tibet e il cibo è un’esperienza mistica. Se vi piace il pesce, è il vostro paese: ci sono quasi 200 ricette per cuocere il bacalhau, e io da vicentina tanta creatività la posso solo apprezzare. Intanto però non so come vivrò senza ordinare ogni mattina dos galao, dos pasteis de nata e um pao de deus. (ma ho la ricetta per combattere la nostalgia).

Ti puoi fidare: sono entrata in un baretto, uno di quelli che sembrano teletrasportati da un paesino di provincia, accanto al Castello di Sao Jorge, pregustando già la salassata. Da noi è la classica trappola per turisti. Ho pagato una birra piccola 1 €. Poi a Orio al Serio ho visto un inglese pagare una birra in bottiglia 3 €, con scortesia della commessa inclusa.

E hanno il Museo dos Fosforos: la collezione privata più grande d’Europa, con 40.000 scatoline di fiammiferi che il signor Aquiles da Mota Lima ha collezionato viaggiando in tutto il mondo. Una piccola chicca da non perdere a Tomar, città templare. E la Casa da Musica a Porto, un auditorium spettacolare, è da visitare assolutamente con una delle bravissime guide.

Non è tutto maravilhoso certo. Porto ha quella decadenza in alcuni angoli che non è romantica, ma è solo incuria e crisi economica. A Lisbona l’insospettabile coetaneo di tuo padre davanti a te al semaforo o un ragazzo ben vestito ti vendono hashish a tutte le ore del giorno e della notte. E se rifiuti ti chiedono se preferisci la cocaina. Ma mai, dico mai, ti senti in una città non sicura.

E poi torni con il pensiero all’Italia, mentre in treno accanto a te un ragazzo italiano sfotte gli universitari in divisa chiamandoli Hogwarts, e non fa altro che urlare e cantare la macarena in un treno dove perfino le suonerie sono al minimo. Mentre un connazionale ti spintona in metro, mentre la ragazzina viene accompagnata dalla famiglia a Coimbra per l’Erasmus e non capisce niente di inglese, e tu sei lì che fai l’interprete tra lei e il suo futuro collega turco.  E guardi Lisbona, pensi a Roma e vedi il mondo che va avanti mentre il tuo fa le ragnatele.

Saudade.

p.s se volete indirizzi precisi, ristoranti e itinerario ovviamente non dovete far altro che chiedere 🙂

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